ROMA – Le favole a volte, si sa, si avverano. Io me lo ricordo bene, Luchino, fragile e ossuto, che giocava a calcetto con gli amici e con mia figlia per il suo decimo compleanno. Noi genitori a guardare e a sorridere, compiaciuto ovviamente. Beh, Luchino già allora mostrava una certa sapienza nel toccare la palla ma soprattutto nel muoversi in campo. Segaligno, mi ricordava nei movimenti e nella postura il grande Toninho Cerezo… Non esageriamo, mi dicevo, e ci dicevamo con Massimo, il padre.
Poi Luca passa dal Centro Calcio dell’Acquacetosa alla Roma e lì si fa tutta la trafila, fino a diventare uno dei pilastri della Primavera, quella Primavera dei ’95 che proprio poche ore fa ha consegnato ai lustri rossoneri il bravissimo Romagnoli. Mazzitelli e Romagnoli erano i più bravi di quella squadra, a mio modo di vedere naturalmente. Romagnoli ha la fortuna di giocare in un ruolo meno delicato di quello di Luca, perché lo sappiamo tutti che a centrocampo è una Cambogia, e che quando hai vent’anni ancora da compiere e ti trovi in serie B al Brescia con avversari che se potessero ti azzannerebbero un polpaccio, mentalmente – non solo fisicamente – è dura.
Luca lo sa, deve starci soprattutto con la testa perché avere vent’anni non sempre è un’arma in più, nel calcio. Avere vent’anni e giocare col numero 8 sulle spalle non deve essere facile per niente. Ma Luca lo sa, e ha già superato con successo un esame all’Università. Luca lo sa, e con quella di Spezia è la seconda partita da titolarissimo che si gioca in un match ufficiale.
Luca lo sa, noi lo speriamo. In bocca al lupo, “nipotino”…
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