di DANIELE GARBO
Dov’eravamo rimasti ? Al 30 giugno, il mio ultimo giorno di lavoro a Mediaset.
Qualche giorno prima avevo ricevuto la telefonata di Emilio Piervincenzi, mio vecchio amico e collega di alto livello.
“Ho saputo che te ne vai in pensione – dice -. Mica penserai di non fare un tubo ?”
“Veramente sì – la mia risposta -. Debbo disintossicarmi”.
“Non se ne parla proprio, sei precettato”, fa Emilio in modo che non ammette repliche.
“Precettato a far che ?”, ribatto timidamente.
“Io sono andato in pensione prima di te – mi spiega il vecchio amico – e mi stavo annoiando. E così ho acquistato una società di calcio, il Montecelio, squadra di Eccellenza. Devi darmi una mano”.
“Eccellente”, replico.
E lui: “Non fare lo spiritoso, ti nomino responsabile della Comunicazione e del Marketing. Gratis, nel senso che non mi devi pagare niente”.
“Ah ecco – la mia risposta -, apprezzo la tua generosità”.
La faccio breve: nel giro di qualche giorno vengo catapultato a Montecelio, dove la squadra ha appena iniziato la preparazione precampionato. 50 chilometri da casa mia, praticamente un viaggio tra Grande Raccordo Anulare, Tiburtina, Palombarese. Cioè strade solitamente poco trafficate.
E’ pieno agosto, Roma è quasi vuota, Montecelio di più. Rivedo con piacere il presidente dopo molti anni (e lo trovo sempre elegante e in piena forma). Mi presenta il Direttore Sportivo Mauro Ventura, l’allenatore Fabrizio Antonini, il Team Manager Vincenzo Rossi e il capitano Stefano Iannotti.
E così comincia la mia avventura nel calcio dilettanti. Per una vita ho frequentato tutti gli stadi d’Europa e d’Italia tra Champions League, Europa League, nazionale maggiore e under 21, serie A e ora eccomi qui in una realtà per me del tutto sconosciuta.
In effetti, a pensarci bene, non è proprio così. E’ una sorta di ritorno al passato. A molti anni fa, quando provai a fare il calciatore a Padova, la città dove sono nato.
Disputai un paio di campionati juniores. Ero titolare fisso. Non perchè fossi particolarmente bravo, bensì perché eravamo contati e qualche volta facevamo fatica a mettere insieme 11 giocatori. Infatti un paio di domeniche ci capitò di scendere in campo in 10. Insomma non ero granchè, però interpretavo con grande serietà il mio ruolo: non saltavo un allenamento neppure sotto la neve, ero sempre il primo ad arrivare e l’ultimo ad andarsene
Giocavo terzino destro, marcatore fisso sulla seconda punta avversaria, perchè all’epoca non era ancora stata inventata la “zona”, che sarebbe arrivata di lì a poco col grande Ajax di Crujff.
Un giorno dovevamo affrontare una squadra in cui militava il capocannoniere del girone. Un armadio a tre ante al quale rendevo una ventina di centimetri d’altezza e svariati chili di peso. L’allenatore mi prese da parte negli spogliatoi e mi disse: “Garbo, oggi mi devi fermare quest’ala sinistra con le buone o con le cattive. Non devi mollarlo mai un attimo, neppure quando va al bagno. Gran parte del risultato dipende da te”.
Scesi in campo concentrato e motivato, disputai la partita perfetta. L’armadio a tre ante non toccò mai palla, lo anticipai sempre, approfittando della mia superiore agilità, e alla fine vincemmo 2 a 0.
Negli spogliatoi il mister mi elogiò davanti a tutta la squadra con parole che ancora oggi ricordo: “Devo fare i complimenti a Garbo, oggi il migliore in campo. Vorrei averne 11 come lui ogni domenica”.
Arrossii e, non so come, trovai il coraggio per dire: “Mister, la ringrazio. Ma con 11 come me, bene che vada fa 0 a 0. Però non vince neppure una partita”.
Tutti scoppiarono a ridere e si sciolsero in un applauso.
Ecco, quello fu il momento più alto della mia carriera (?). Ci misi poco a capire che io e il calcio eravamo come due binari che non si sarebbero mai incontrati.
Purtroppo il Padreterno al posto dei piedi mi aveva dato due ferri da stiro. E quindi la mia carriera (?) di calciatore si chiuse, per fortuna di tutti, molto presto.
Chiedo scusa se vi ho annoiato con questo il flash-back e torniamo al Montecelio del Presidente Piervincenzi.
Mi sono calato in questa nuova realtà con grande umiltà, conscio del fatto che non conosco nulla del calcio dilettanti. Non so bene quale potrà essere il mio contributo in questa nuova avventura. Per il momento cerco di ascoltare e imparare da chi ne sa più di me.
Male che vada, tornerò a fare il pensionato a tempo pieno.
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