Le confessioni di Garbo: “Con Mediaset stavo accanto alla panchina, con il Montecelio ci sto sopra….”

admincalciovero 4 Gennaio 2016 0

di DANIELE garbo

L’ultima volta che mi ero seduto in panchina si perde nella notte dei tempi: doveva essere autunno del 1970, giocavo (anzi: non giocavo) nella squadra juniores dell’Esedra Don Bosco di Padova. Dopo qualche partita in panchina, non si sa come mai, il mister mi affidò una maglia di titolare: terzino destro, numero 2, e da quel giorno non vidi più la panchina se non dal terreno di gioco.

Domenica scorsa ci sono tornato, come addetto all’arbitro per l’assenza del dirigente titolare del ruolo, Vincenzo Faraci, fuori Roma per motivi familiari. Di solito seguo la partita accanto al presidente Piervincenzi, condividendo emozioni e sofferenza, ma domenica è stato diverso.

In realtà ho trascorso una vita accanto alle panchine di tutti gli stadi d’Italia e d’Europa, come bordocampista di Mediaset Premium. Ho preso caldo, freddo, vento, pioggia, neve e grandine, ma è stata un’esperienza entusiasmante. Potrei scrivere un libro per raccontare le decine di episodi di cui sono stato testimone o protagonista. Dalla pallonata in pieno petto di Matuzalem (naturalmente involontaria) durante un derby Roma-Lazio (l’arbitro, i giocatori e gli allenatori pensarono ci fossi rimasto secco, invece non feci una piega). A quella volta che in occasione di un Lazio-Milan mi fu assegnato l’interno della panchina rossonera. Ero a due metri dal mio amico Carlo Ancelotti quando ci fu un episodio dubbio in area laziale. Sentii che dalla postazione commento, dopo aver rivisto l’azione alla moviola, sentenziavano che si trattava di calcio di rigore per il Milan. Ancelotti si rivolse verso di me e mi disse: “Era rigore, vero ?”. Poiché i regolamenti della Lega Calcio proibiscono di scambiare informazioni con gli allenatori sugli episodi contestati, pena l’espulsione del bordocampista, gli risposi mentendo: “Le immagini non sono chiare”. E Carlo: “Bell’amico che sei !”.

Ma torniamo a domenica scorsa e alla partita tra Montecelio e Crecas Palombara, che segnava il debutto del nostro nuovo tecnico Franco Pagliarini, dopo il doloroso divorzio da Fabrizio Antonini. Dieci minuti prima dell’ingresso in campo il rito dell’appello nominale nello spogliatoio. La stretta di mano agli ufficiali di gara e poi via via i giocatori uno a uno. Quindi il fischio d’inizio.

La squadra è stata ridisegnata tatticamente per cercare di limitare i danni in una difesa che ha subito troppi gol. Il mister ha aumentato l’altezza media del reparto arretrato e dedicato molta attenzione all’allineamento e alla sincronia dei movimenti. Partiamo bene, senza paura. Troviamo il gol in maniera fortunosa per non dire fortunata. Il mister è in piedi davanti a me, telecomanda la squadra con indicazioni continue. Dalla panchina la partita si vive, ma si vede male. Si avverte la tensione, si sentono i dialoghi tra i giocatori, gli scambi di opinioni con l’arbitro. A un certo punto dalla nostra panchina parte una protesta per un presunto errore di valutazione. Chiedo ai miei vicini di stare zitti per evitare guai. Ma qualche minuto dopo riecco una protesta che l’assistente davanti a noi recepisce prontamente: si gira e chiede di farla finita per evitare provvedimenti disciplinari. Mi alzo, identifico l’autore e gli urlo di smetterla. Sarò pure l’addetto all’arbitro per qualcosa !

La partita si snoda abbastanza tranquilla, rischiamo poco, la difesa dà una insolita sensazione di solidità. Gli avversari operano il primo cambio, un giocatore del 1998 per un altro della stessa età. Il mister me ne chiede conferma, consulto la lista e gli rispondo che è tutto corretto.

Il tempo non passa mai, soffriamo un po’ all’inizio della ripresa, poi riusciamo ad alzare il baricentro e a tenere lontane le minacce. L’arbitro concede 3 minuti di recupero, che poi diventano 4 per un infortuno a Ognibene, il nostro capitano, il quale è costretto a lasciare il campo. Al triplice fischio schizziamo come un tappo di champagne, è una vittoria importantissima per la nostra corsa verso la salvezza.

Nell’euforia stringo la mano al mister facendogli i complimenti, ma commetto un errore imperdonabile: dimentico di salutare l’arbitro e i suoi assistenti, che hanno svolto un lavoro egregio. La prossima volta, se mai ce ne sarà un’altra, me lo ricorderò.

Ma domenica prossima, nella prima partita del girone di ritorno contro l’Almas, tornerò in tribuna accanto al presidente Piervincenzi. A fare il tifoso, senza mai insultare nessuno, ma con la libertà di urlare perchè in panchina al posto mio ci saranno nuovamente i due Vincenzi: Rossi, colonna insostituibile del Montecelio, e Faraci, l’addetto all’arbitro titolare. A meno che il presidente non sia un presidente scaramantico, una sorta di Rozzi coi calzini rossi o di Ulivieri con l’eterno cappotto… e allora obbedirò. Tacendo, s’intende…

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