Il Corriere della Sera su Corbi e il fallimento: “Come ha speso i soldi di Stato?”

admincalciovero 30 Gennaio 2016 0

ECCO CHE COSA SCRIVE IL CORRIERE DELLA SERA SULLA VICENDA RELATIVA AL FALLIMENTO DEL CORRIERE LAZIALE E DELLA COOPERATIVA EDILAZIO 92 . RICORDIAMO CHE SIAMO STATI NOI DEL CALCIOVERO.IT A DIVULGARE LA CIFRA DI 10.254.286 EURO ELARGITA DALLO STATO AL SIGNOR ERACLITO CORBI.

Nel frattempo, mano a mano che escono interrogativi sulla gestione della Cooperativa Edilazio 92, fallita dopo essersi ingoiata più di 10 milioni di euro in sei anni, il signor Corbi minaccia querele, giura di essere un calunniato e di essere un galantuomo anche se un pessimo imprenditore (?). Dimentica che ci scrive lo ha denunciato (ma davvero e non a chiacchiere) per ripetuti insulti e diffamazioni, ma che all’udienza davanti al Conciliatore – questa la nuova prassi giuridica – egli nemmeno si presentò e non presentò nemmeno un legale a sua difesa. E che difesa avrebbe potuto avanzare? Quello che il sottoscritto e crediamo anche i contribuenti di questo paese vogliono sapere è semplice: come ha speso il signor Corbi i nostri soldi? Chi glieli ha concessi? Se di scandalo si tratta, se dell’ennesima vergogna nazionale si tratta, noi vogliamo saperlo.

Emilio Piervincenzi

SOLDI PUBBLICI
Pallone, giornali e fondi per l’editoria Fallisce il Corriere Laziale: riuscì
a ottenere 10 milioni di euro in 6 anni
Chiude la storica pubblicazione sul calcio giovanile. Dal 2006 incassò milioni di contributi governativi. Il direttore si difende: «Non sono un furfante, nè un ladrone»
di Alessandro Fulloni

Da una prospettiva che mescola stampa, sport e tifo, siamo davanti a un giornale precursore. In tante cose. Tipo l’intuizione che il calcio giovanile (Esordienti, Pulcini e campionati Primavera) rappresentasse un bacino di lettori affatto disprezzabile. Famiglie intere – papà e mamme ultrà, se non gli stessi giocatorini – pronte al lunedì a fiondarsi in edicola pur di leggere il nome del pargolo aspirante campioncino nel resoconto, bastavano anche poche righe, di epiche sfide disputate nei più improbabili campetti della periferia romana. Ma il Corriere Laziale, pubblicazione dalla storia circa trentennale, vanta anche altri record. Di sicuro quello di avere incamerato in 6 anni la bellezza di dieci milioni 254.825 euro. Soldi pubblici. Quelli in arrivo dalle provvidenze previste dalle leggi per l’editoria che hanno finanziato tante testate: dai grandi organi di partito a sconosciuti fogli di provincia. Una cascata di danaro che pure non è servita a evitare il fallimento della pubblicazione edita da una cooperativa, la Edilazio ‘92.
Le cronache delle partitelle
Il tribunale fallimentare di Roma ne ha decretato la chiusura con una sentenza depositata in cancelleria il 15 gennaio. Una crisi inevitabile a partire dal 2012, dopo lo stop all’annuale mancia di Stato che irrorava l’attività del giornalino. Tanti saluti così alle cronache delle partitelle da Casalotti, Sezze, Cave, Montalto, Vitorchiano e da ogni borgo del Lazio sparso tra Agro e Appennini. A scrivere quegli articoli – poco più delle formazioni, i gol, la descrizione di qualche azione e talvolta le pagelle dei calciatorini – inviati a tamburo battente dopo il fischio finale, c’erano reggimenti di autori. Giovanissimi aspiranti giornalisti pronti a narrare il derby tra i Pulcini della Pescatori Ostia e quelli dell’Ostiamare con lo stesso pathos di una finale di Champions League. Ma anche allenatori, dirigenti, accompagnatori, qualche tifoso di buona volontà. Animati tutti da null’altro che la passione.

IL burbero Eraclito Corbi, oggi vigoroso ottantenne, vanta anche il record- lo aveva segnalato Sergio Rizzo sulle pagine del Corriere della Sera – delle tessere professionali sfornate: oltre 560 iscritti all’Ordine del giornalisti pubblicisti del Lazio. Come sia stato possibile, lo spiegava un esposto che la presidente dell’Ordine, Paola Spadari, presentò nel 2014 alla Procura della Repubblica. Con tanto di testimonianze e verbali. Il Corriere Laziale aveva messo in piedi una specie di fabbrica di pubblicisti, una catena di montaggio funzionante a pieno ritmo. Il giornale reclutava giovani aspiranti giornalisti da impiegare per le cronache. Ma a «zero compensi». Anzi: talvolta dichiarando di aver ricevuto inesistenti pagamenti, quelli necessari a dimostrare l’attività per l’iscrizione all’Ordine.

Quattro redattori licenziati

Non basta. I soldi incassati dal dipartimento per l’Editoria della presidenza del Consiglio non hanno evitato licenziamenti in redazione. Ne ha dato notizia dopo il fallimento l’Associazione Stampa Romana che, per bocca dell’avvocato Raffaele Nardoianni, ha raccontato dei quattro cronisti che nel 2013 persero l’impiego «senza che venisse loro corrisposta né l’indennità di mancato preavviso, né il trattamento di fine rapporto». Niente tfr ai dipendenti, dunque, nonostante la generosità delle provvidenze al giornale che in certi periodi usciva con cadenza bisettimanale. Cifre cospicue: un milione 873.417,31 euro nel 2006, un milione 872.667,94 l’anno dopo, un milione 904.503,29 nel 2008 e così via sino ad arrivare al milione 047.868,56 euro del 2011, ultimo anno di elargizioni. Cessate nel 2012 , dopo un controllo dell’Inpgi (l’istitituto previdenziale dei giornalisti) che ha stabilito che la cooperativa non aveva più diritto agli aiuti. Da qui la crisi e la picchiata dei conti verso il fallimento.

Come sono stati spesi quei soldi?

A questo punto la domanda tra l’ovvio e l’inevitabile: come sono stati spesi quei soldi? Una risposta, naturalmente di parte, arriva dallo stesso direttore con una specie di recente lettera aperta pubblicata online. Corbi esordisce in questo modo: «Lo confesso: sono colpevole. È così. E ho sperperato generosità. Due parole, impresa e generosità, che non possono stare insieme». Poi precisa: «Non sono né un “furfante”, né un “ladrone”». Ammonisce: «Chi lo afferma ne risponderà davanti al giudice». «Non mi sono imbertato nulla» assicura parlando di 4 milioni finiti nella voce stipendi tra cui il suo, di 3.500 euro al mese, «che negli ultimi tempi neanche percepivo per dare la precedenza ai dipendenti». Poi la tipografia (qui però non vengono chiarite cifre), «una redazione confortevole, aria condizionata d’estate e riscaldamento d’inverno», «sito internet e web-tv», «un giornale che ritenevo bello e interessante». «Avessi messo quei 10 milioni di euro in qualche conto in un paradiso fiscale caraibico col cavolo che ancora starei qui, a quasi 80 anni, a sputare il sangue». Infine la franca ammissione: semmai «sono stato un pessimo imprenditore».

 

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