di Emilio Piervincenzi
Roma – Scorri i risultati della giornata di ieri e ti viene lo sconforto. Ma sale anche un senso di impotenza misto a rabbia, perché nessuno – fra chi ha la responsabilità della decisione – ha il coraggio di dire quel che tutti gli uomini di buonsenso pensano. E cioè che il calcio dilettanti deve chiudere tutto, compresa la serie D. Qualcuno è in grado di spiegarci il senso di questa ostinata politica dell’andare avanti a tutti i costi? Restiamo alle cose concrete: le partite. Giornata di ieri, 1 novembre 2020. Girone E: su nove partite da disputare, 7 sono state rinviate causa covid. Girone F: 5 su 9 rinviate. Girone G: su nove partite soltanto una si è giocata, Savoia-Arzachena, risultato finale 0-0.
Quale è dunque il senso di questo andare avanti? Non esiste un significato tecnico, perché è chiaro che tutto il campionato è inquinato e non attendibili saranno quindi i suoi risultati finali. Non esiste un senso civico, perché i trasferimenti sono comunque e sempre pericolosi, anche se limitati a squadra e staff tecnico. Esiste invece un pericolo sanitario reale, perché le squadre di serie D non sono tenute al rispetto del protocollo Uefa e dunque i tamponi si fanno quando si fanno, secondo le disponibilità economiche della società o secondo il suo senso civico.
In questo momento, il campionato nazionale dilettanti rappresenta una vera e propria bomba sanitaria pronta ad esplodere. Dunque va fermato. Senza se e senza ma. Un ultimo numero, per rendere più chiara l’idea: ieri su 81 partite in programma, se ne sono disputate 35
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