Il cielo di Wimbledon è anche azzurro. Nel giorno della vittoria di Andy Murray su Djokovic, che consegna la coppa del torneo più importante del mondo a un britannico dopo 77 anni (l’ultimo a vincerla fu Fred Perry nel ’36), il nostro Gianluigi Quinzi si conquista un posto nel Paradiso dei giovani tennisti. Quinzi ha battuto in finale il coreano Hyeon Chung in due set, 7-5 7-6, e ha alzato al cielo il trofeo di Wimbledon riservato agli juniores. Gianluigi Quinzi, nome già noto agli appassionati più attenti e autentica speranza di un tennis italiano in crisi cronica e profonda (per lo meno sul versante maschile) dai tempi, ormai lontani, di Adriano Panatta. Il 17enne marchigiano, già semifinalista lo scorso anno a Wimbledon under 18, è un giocatore solido e tenace, dotato di precisione e, cosa ancor più importante, di un carattere da combattente.
Lo avevamo già ammirato, vincitore dell’edizione 2012 del prestigioso torneo Bonfiglio di Milano, dopo una battaglia durata tre set con l’uzbeko Temur Ismailov. Proprio in quell’occasione, Quinzi dimostrò di saper mantenere la concentrazione e i nervi saldi e di possedere capacità tattiche non comuni. Non a caso, il ragazzo dice di ispirarsi al suo idolo Rafa Nadal…
Da allora, i risultati non sono mancati. Dopo i quarti di finale agli Australian Open al Roland Garros Junior, accede , oggi,alla sua prima finale in un torneo del Grande Slam under 18, diventando il secondo italiano di sempre a raggiungere un simile risultato.
Il primo, e finora unico, era stato Diego Nargiso nel 1987. Allora il tennista napoletano sconfisse anche Jason Stoltenberg e arrivò a sollevare il trofeo junior del torneo più importante del mondo. Peccato che Nargiso si perse, poi, per strada e tradì le aspettative nella sua carriera da adulto. Un carattere non facile unito all’incapacità quasi patologica di mantenere la concentrazione vanificarono un talento cristallino…
C’è da augurarsi che Gianluigi non segua le orme del suo predecessore. Ma il curriculum e l’atteggiamento in campo del marchigiano autorizzano a sperare. Un problema tipico dei nostri giocatori è sempre stato, infatti, quello di essere lasciati il più a lungo possibile nel circuito juniores, per portare a casa qualche trofeo, mentre i loro più promettenti coetanei già si lanciavano tra i professionisti.
Non è questo il caso di Quinzi che ha già vinto il suo primo Future, quest’anno, a Casablanca, iniziando la scalata al ranking Atp. Non solo ma il ragazzo, mancino e con uno splendido rovescio a due mani, ha grinta e una buona dose di spirito di sacrificio. Doti che, troppo spesso, mancano ai nostri tennisti. Alla finale di Wimbledon junior ci è arrivato dopo aver sconfitto con un doppio 6/4 il britannico Kyle Edmund. Ad un avversario che arriva a servire la prima a 200 chilometri orari, l’azzurro ha scelto di opporre la precisione, totalizzando lo stesso numero di vincenti ma facendo 4 errori non provocati in meno e arrivando a salvare 6 break point su 6.
Che il suo sia un destino quasi da predestinato lo dimostra l’interesse manifestato dal guru americano Nick Bollettieri che lo notò quando Gianluigi aveva appena 8 anni e da Adriano Panatta che non appena vide il ragazzino palleggiare (durante l’evento itinerante “Un campione per amico”) parlò immediatamente al padre, consigliando di farlo seguire. La stoffa, insomma, il giovane Quinzi ce l’ha. L’importante è non metterlo troppo sotto pressione per il fatto di vestire i colori di una nazione da troppo tempo senza campioni. E farlo giocare il più possibile nel circuito Atp, con i “grandi”. All’inizio si prendono tante batoste, ma a volte perdere tra i professionisti può fare bene. Perfino meglio che continuare soltanto a vincere tra gli junior…