di ALESSANDRO MAZZITELLI
Maggio 2013, un mese che molti ricorderanno per la pioggia copiosa e insolita per questo periodo, altri per il settimo successo di Nadal al Foro Italico, altri ancora per il secondo scudetto dell’era Conte o forse per il primo derby di una finale di Coppa Italia. Ma in un quartiere di Roma, in periferia, dove la vita graffia ogni giorno e non lascia speranza o sogni negli occhi della gente è il mese della storia della gioia, dei record. La Nuova Tor Tre Teste società storica, oggi è proprio il caso di dirlo, ha centrato l’impresa. Ha regalato un sogno ai suoi giocatori e reso orgogliosi quei genitori che con tanti sacrifici e tanto amore cercano di allontanare i loro figli dalle strade e dalle insidie sempre nascoste dietro l’angolo, portandoli 4 volte alla settimana in quel centro di via Candiani per affidarli alla famiglia Di Bisceglia. Alessio è il figlio del presidente Antonio. Ragazzo sveglio che dentro la sua società, sempre rispettando papà Antonio, ha messo anima e cuore, e che non vorrebbe mai smettere di raccontare l’impresa appena compiuta.
Alessio che gioia ti porti dentro?
Una gioia indescrivibile. Quest’anno siamo entrati nella storia vincendo tre titoli regionali, una soddisfazione immensa per noi e per tutti i ragazzi. Tre momenti indimenticabili che ti regalano energie per poter affrontare nuove sfide. La nostra società in otto anni ha fatto cose che ad altre servirà una vita intera. E questo vuol dire che abbiamo lavorato bene e scelto bene il nostro staff. Quaranta persone che, insieme a me e mio padre, remano tutte nella stessa direzione. Il nostro compito non è quello di vincere, anche se regala gioia immensa, il nostro compito è quello di far crescere i ragazzi, aiutarli, stare loro vicino e cercare di portarli nel calcio che conta.
Delle tre finali quale ti ha regalato l’emozione più grande?
Chiaramente tutte e tre le partite sono state bellissime, tirate e sofferte. Ma l’ultima, quella degli allievi è stata quella dell’impresa e ci ha regalato un sapore particolare. Dopo quel tiro dal dischetto abbiamo messo il nostro nome negli annali. Tre finali vinte, credimi, è un impresa che non tutti riusciranno ad eguagliare. Poi lo dovevamo a questi ragazzi. Con questo gruppo eravamo in credito. Per un nostro errore gli abbiamo tolto la gioia di uno scudetto, e quel giorno promisi che li avrei ripagati di quella delusione. E così è stato. Una doppia gioia e anche un rimorso in meno nella coscienza.
Ma oltre al campo e ai successi la Nuova Tor Tre Teste svolge anche un ruolo sociale?
Direi proprio di si. Roma a queste latitudini non è quella dei monumenti e della storia. Qui Roma soffre e anche tanto. Molte le situazioni difficili che ci troviamo ad affrontare tutti i giorni. Situazioni familiari che influiscono anche sulla vita dei bambini e dei ragazzi che dovrebbero solo pensare a sorridere. Li aiutiamo, stiamo loro vicini a volte facendoci carico anche di ruoli che non dovrebbero per nulla spettare ad una società di calcio. Con i bambini è più facile, ma i bambini crescono, li vedi diventare ragazzi e controllare o seguire un ragazzo di 14 anni oggi non è facile. Mille tentazioni, la voglia di ribellione e di andare sempre fuori dagli schemi. E’ un lavoro duro da svolgere quotidianamente e che ci toglie molte energie. Ma il nostro successo è anche questo rendere orgogliosi chi dalla vita ha ricevuto di meno.
Il compito di una società giovanile è quella di formare calciatori che un giorno potrebbero affacciarsi al professionismo. La tua società ci riesce in questo difficile compito?
Sì, questo è il nostro compito principale e spesso ci riusciamo. Lo scorso anno sei giocatori sono stati venduti a società professionistiche, quest’anno ti do per certo che ho già chiuso la cessione di ben 15 giocatori con altre società sia di serie A sia di serie B.
Che rapporti avete con Roma e Lazio?
Personalmente ho uno splendido rapporto con la Roma e con Bruno Conti. Un rapporto di stima reciproca e di rispetto. Bruno rispetta il nostro lavoro e conosce bene quali sono le nostre difficoltà, perché, mi creda, non è semplice fare calcio giovanile, anzi. E’ un uomo di calcio e sa dare il giusto prezzo al nostro lavoro. Noi continuamente riusciamo a fornirgli ottimi elementi per completare un settore già forte di suo. Con la Lazio invece, e credimi te lo dico con vero rammarico, zero assoluto. Non riusciamo a capire come una società di quel livello non tenga al settore giovanile o non lo curi in maniera adeguata. Non rispettano il nostro lavoro, sembra che tutto gli sia dovuto, tutto a costo zero ma questo non è possibile almeno per noi.
Vi state giocando le finali nazionali, con quale squadra puoi arrivare in fondo?
Allievi e giovanissimi hanno i numeri per poter puntare al titolo. Juniores meno. Ma non perché sono meno forti. Solo che l’organico è ridotto e già hanno dato tantissimo in questa annata. Comunque la storia è già stata scritta: quello che viene da oggi in poi è tutto di guadagnato ma nessuno può spegnere la gioia che ci portiamo dentro e la soddisfazione del lavoro svolto.
Un grazie lo rivolgi anche al tuo staff, ovviamente. Qual è il vostro metodo di lavoro?
La Nuova Tor Tre Teste è un cuore che pulsa, un unico organo a cui arriva energia da 40 persone, da me e soprattutto da mio padre. Tecnici, magazzinieri, dirigenti, tutti insieme per un unico obiettivo: i ragazzi. Io non assumo mai un ruolo di comando, non sono chiuso nelle mie stanze a dettare le linee guida. C’è rispetto delle posizioni ma anche un confronto giornaliero che ci permette di crescere tutti insieme. Credimi non è retorica, ma siamo veramente una grande famiglia. E’ un lavoro duro e difficile ti porta via tanto. Si lavora quasi sette giorni su sette. Ma se lo fai con un gruppo così non pesa anzi cresci ogni giorno di più anche come uomo.
La pioggia cade anche oggi e bagna quei ragazzi pronti ancora una volta a scendere in campo. Sguardi fieri, orgogliosi, creste alte. Sguardi silenziosi che vogliono dirti una cosa sola: io sono della Tor Tre Teste. Oltre ai trofei, i Di Bisceglia regalano l’orgoglio, e da queste parti, vuol dire fratellanza.